sabato 1 marzo 2014

Gaspara, scandalosa in nome dell’amore


Così invertì i ruoli del corteggiamento

Anna Meldolesi

“Corriere della Sera“, 1 marzo 2014

Quanto ha amato Gaspara Stampa, e quanto ha scritto. Oltre duecento poesie dedicate allo stesso uomo, il conte Collaltino di Collalto, che troppo tiepidamente la ricambiava. Poetessa, cantatrice, donna ribelle alle convenzioni del tempo, in bilico tra successo e scandalo come una cortigiana. Con una franchezza e una modernità inaspettate per il Rinascimento, nelle sue «Rime» ha cantato i brevissimi diletti e lunghe doglie dell’amore, il desiderio femminile soddisfatto e insoddisfatto. Quando’l disio m’assale, ch’è si spesso / Non essendo qui meco chi l’appaga / La vita mia è un morir’ espresso
Non era aristocratica, non era sposata, non era neppure una vera veneziana. Gaspara nasce a Padova, probabilmente nel 1523, da un mercante di gioielli che vuole per lei una buona educazione letteraria e musicale. Dopo la morte del padre si trasferisce a Venezia con madre, fratello e sorella. Si esibisce nei salotti e nelle feste con un’arte che incanta molti e una condotta morale che scandalizza più d’uno. Morirà a soli 31 anni, avvelenata secondo un resoconto settecentesco, più probabilmente uccisa dall’influenza. Novella Saffo, gli estimatori la chiamavano «divina», i detrattori «landra» (meretrice). 
Il suo canzoniere riprende il modello petrarchesco e inverte i ruoli. Il poeta che si strugge d’amore questa volta è una donna, l’amata che ispira quei versi è un uomo. Petrarca è lei, mentre lui è Laura. Lo fa negli stessi anni anche l’aristocratica romana Vittoria Colonna ma Gaspara ne è l’antitesi. Quella canta l’amore perfetto, coniugale, di una sposa-vedova fedele e casta, per un marito carico di virtù morali con cui è stata felice. Gaspara arde di un amore imperfetto e doloroso, acceso dai sensi oltre che dai sentimenti, per un amante più giovane e socialmente superiore a lei, che l’abbandona. Un uomo che nella sua vita e nella sua opera non resterà neppure l’unico. Una dozzina di poesie, tra le più irriverenti, sono dedicate a un altro, Bartolomeo Zen. La fedeltà di Gaspara non è per l’amato ma per le leggi dell’amore, nota Marina Zancan («Il doppio itinerario della scrittura», Einaudi). Chiama Collaltino «illustre mio Signore», ma gli rimprovera di avere un cuore d’orsa o di tigre, scrive che Venere gli ha donato la bellezza e Mercurio l’eloquenza, ma ha ricevuto la freddezza dalla luna. L’empio è lui perché non onora l’amore. La virtuosa è lei, perché sa amare. Oltre duecento poesie per un uomo, anzi no: oltre duecento poesie su se stessa che ama. La protagonista è lei. Non si uccide come una Didone abbandonata, non vuole la pietà dei posteri ma la gloria, si augura l’invidia delle donne che verranno. Soffia su quel fuoco che ha nel petto e grazie a quello si afferma, per mezzo della scrittura poetica, in un’epoca in cui non era affatto scontato. Si racconta capace di attraversare le fiamme come la salamandra della leggenda e risorgere come la fenice. Amor m’ha fatto tal, ch’io vivo in foco / Qual nova Salamandra al mondo, e quale / l’altro di lei non men stranio animale / Che vive, e spira nel medesmo loco. Benedetto Croce le riconosceva «versi, immagini, sonetti interi di bellezza e gentilezza mirabili» anche se pensava che a volte la sua poesia rischiasse di diventare quasi un diario. L’opera di Stampa si alimenta di vita vissuta, la sovrasta e ne è schiacciata. È un peccato che la sua reputazione ne abbia a lungo oscurato l’arte. Le «Rime» sono uscite postume, per iniziativa della sorella Cassandra, e la vera fama è arrivata con qualche secolo di ritardo. Ma è bello pensare che Gaspara alla fine vendichi tutte le donne colpevoli di aver troppo amato. L’uomo di lettere e d’armi che tanto bramava oggi è considerato solo un «modesto poeta». Lei è diventata cara ai romantici e ai neoromantici come Rilke, Jane Tylus ne ha tradotto i versi per la University of Chicago Press e molti la considerano una delle figure femminili più luminose e originali della letteratura italiana. 

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