domenica 15 settembre 2013

No limits


Remo Bodei: “Noi, poveri postumani, schiavi delle nuove libertà”

Il filosofo spiega come vivere in un’epoca che ha ormai varcato tutti i confini: 
morali, biologici religiosi e scientifici

Franco Marcoaldi

 “La Repubblica “,  6 settembre 2013

Esistono ancora dei limiti ultimi, invalicabili, che condizionano le nostre vite? Limiti di ordine biologico, morale, religioso, sessuale, ambientale? O siamo entrati in un mondo illimitato dove tutto, almeno in apparenza, è possibile? L’intera modernità è segnata da una violazione consapevole e inesausta dei limiti e dei confini, a cominciare da quelli geografici, continuamente superati nella grande stagione delle scoperte, e delle avventurose spedizioni verso l’ignoto. Ma oggi siamo entrati in una fase ulteriore e diversa, in cui l’autogoverno della propria finitezza è un valore apprezzato da singoli individui: non il volano di una morale condivisa. E il peccato di superbia, commesso da chi sfida la volontà di Dio e il suo disegno, non rappresenta più un freno sufficiente al contenimento degli umani appetiti. Oggi sono il desiderio e la libertà individuale a spingerci avanti, e lo sviluppo della tecnica si è fatto talmente inarrestabile da prefigurare addirittura l’avvento di una società post-umana.
Da qui l’idea di compiere una perlustrazione a tutto campo, capace di coinvolgere scienziati, teologi, psicoanalisti e filosofi. A cominciare da Remo Bodei, uomo di grande equilibrio e competenza, capace di offrirci il quadro introduttivo necessario di una questione che mette in gioco i fondamenti stessi del nostro stare al mondo.
«Sul muro esterno del tempio di Delfi, accanto alla più nota frase “Conosci te stesso”, ve n’era un’altra che dice: “Niente di troppo”. Nel mondo antico, andare oltre i confini stabiliti dalla divinità è hybris che viene punita: l’esempio più noto è quello di Icaro. La filosofia classica insiste sull’ideale della medietà, in quanto virtù che squalifica gli estremi per difetto e per eccesso:est modus in rebus.Per ciascun essere la perfezione è avere un limite. L’infinito è un concetto negativo, sinonimo di amorfo, confuso, indistinto».
Poi, con la modernità, cambia tutto.
«Non si deve avere una concezione trionfalistica della modernità come innovazione pura, come completa rottura dei ponti con il passato, ma certamente essa ha sfidato molti tabù imposti dalla tradizione, specie quelli segnati dalla religione cristiana. Ha cercato di svelare gli arcana naturae, gli arcana dei e gli arcana imperii.
Del resto, che gli uomini non possano accettare i limiti perché segnati dalla “mala contentezza”, lo mostrano sia Machiavelli che Hobbes. Il limite così diventa provvisorio, si sposta con noi al pari dell’orizzonte, chiude per aprire. È fatto per essere oltrepassato».
Ora però sta accadendo qualcosa di ulteriore. Viene messa in discussione l’idea stessa di umano, almeno per come l’abbiamo conosciuta sin qui.
«Sono in particolare le biotecnologie che mettono in crisi convinzioni, abitudini e idee di durata millenaria. Fin qui è stato ovvio, evidente, che un individuo viene al mondo secondo i vecchi e collaudati metodi della riproduzione sessuata naturale, con un corpo e una mente soggetti a malattie e deformità congenite e soffre,gode e muore assieme a tutti i suoi organi; ora non più. Si nasce — ormai lo sappiamo — con frequenza sempre maggiore attraverso metodi di fecondazione assistita, si è padri o madri al di fuori dell’età fisiologica abituale, si hanno trasferimenti di materia vivente attraverso trapianti di organi, che collegano storie e vicende differenti in un solo corpo. Secondo una proiezione abbastanza attendibile di una prestigiosa rivista di medicina, in Occidente, alla fine di questo secolo saremo tutti pluri trapiantati e provvisti di numerose protesi che faranno funzionare organi malati del nostro corpo, miglioreranno le prestazioni esistenti o aggiungeranno prestazioni nuove».
Quali le conseguenze sui nostri sentimenti e le nostre passioni?
«Enormi. Perché si modifica la trama dei rapporti di sangue e parentela che sono stati alla base della struttura della famiglia e, in parte, della composizione della società. Non siamo abituati a questa nuova e rischiosa libertà, che esorcizziamo spesso attraverso vecchi fantasmi, e ci vorrà tempo per esercitarla. Servirà una più limpida visione della questione. Non abbiamo ancora potuto misurare il senso della metamorfosi in corso dallo stadio dell’umano a quello del post-umano, dai corpi organici agli esseri formati di carne e metallo, silicio e plastica, di parti umane e animali, trasferibili con trapianti da un individuo all’altro. Sulla ponderazione dei pro e dei contro prevalgono le paure, trasformando la soluzione dei problemi bioetici in un ripetuto referendum. Al quale il cittadino si presenta immancabilmente in uno stato di solitudine e oggettiva incompetenza».
E qui si misura il deficit della politica. Che dovrebbe avere l’autorità necessaria per regolare la dismisura intrinseca allo sviluppo delle varie tecniche.
«È il problema della democrazia. San Paolo, sotto Nerone, scriveva che ogni autorità viene da Dio e quindi bisogna obbedire. Tutto questo ha funzionato per secoli, millenni. Era la doppia autorità rappresentata dai due soli, Chiesa e Impero, a stabilire i limiti entro i quali il comportamento umano è lecito, virtuoso e non peccaminoso. Ora non ci sono più i due soli e l’autorità non viene più dall’alto, ma dal basso. Dal popolo. Quindi l’autorità democratica è costitutivamente debole, il che è un vantaggio, perché garantisce la libertà individuale; ma anche uno svantaggio, perché ci si deve appoggiare a stampelle offerte da altre agenzie formative, essenzialmente la tradizione religiosa e la morale. Si aggiunga che la democrazia ha sempre cercato di mediare tra quantità e qualità, accettando l’idea kantiana del “legno storto” dell’umanità, ma anche promuovendo l’educazione di ciascuno alla cittadinanza attiva. Oggi, in epoca di populismi, si scivola sempre più verso una democrazia anemica, sin troppo benevola verso le debolezze del cittadino. E in cui la mancanza di autorità favorisce la licenza. Senza contare che le figure esemplari da prendere a modello non abbondano ».
In un mondo dove tutto sembra possibile, non si finisce per rimuovere il lato tragico di ogni scelta e quindi l’idea ultima della vita e della morte?
«Il mancato riconoscimento della tragicità delle scelte porta a impegni che non impegnano, all’erosione della responsabilità, all’appuntamento mancato con il futuro. E anche, certo, alla rimozione della morte, limite ultimo e indiscusso. In precedenza vigeva una possibile redenzione della vita dopo la morte. Oggi invece si assiste a una presunta redenzione della vita a scapito della morte, che finisce così per incarnare l’osceno».
Paradossale a dirsi, mentre l’esplosione dei diritti individuali e le accelerazioni della tecnica ci invitano a infrangere ogni limite, una terribile situazione economica pare risospingerci entro vecchi limiti: duri, spietati.
«Gli stoici dicevano: se vuoi essere ricco, sii povero di desideri, e Lao Tse più o meno altrettanto. Si era all’interno di una società della scarsità. Ora si parla della cosiddetta “abbondanza frugale”, che anziché sui consumi indotti, dovrebbe puntare su sobrietà, amicizia, convivialità. Adattarsi a questi comportamenti non sarà facile. Di sicuro non torneremo indietro da un punto di vista tecnologico e scientifico. D’altronde spero che nessuno voglia santificare i vecchi limiti. Il pensiero filosofico-scientifico consiste nel varcare i confini, è un incessante viaggio di scoperta. Né si possono imporre limiti per decreto, perché la democrazia per quanto debole non lo consente. Ma non si può neppure più affidare tutto alla libertà individuale e narcisistica di cui parlava Lasch. Credo sia necessario rimodulare l’idea di limite sulla base dei vincoli dettati dalle nuove condizioni storiche. E in questo ci possono aiutare molto proprio i saperi umanistici. Oggi si esaltano e finanziano soprattutto scienze dure e tecnologia e si pensa che la cultura umanistica non serve a niente. Ritengo, al contrario, che essa sia più che mai necessaria per dare senso alla vita individuale e sociale. Così come si ara il terreno per smuoverlo e favorire la crescita delle piante, oggi sarebbe necessario fare altrettanto per coltivare al meglio l’umanità. Per spingerla a varcare nuovi limiti e a considerare l’opportunità di preservarne o rafforzarne altri».
Ad esempio?
«Ad esempio non abbiamo ancora parlato della rapina costante dell’ambiente e della Terra. Non le sembra da automi miopi e incoscienti distruggere la biosfera? Andare verso l’esaurimento delle risorse senza avere nessun pianeta di ricambio? Non sarebbe questo il primo limite da tenere presente?».

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