domenica 15 settembre 2013

LA NUOVA GEOGRAFIA NON SI STUDIA PIÙ SU UN MAPPAMONDO


Giulio Azzolini 

                                              "La Repubblica", 2 settembre 2013


«La Terra è una sfera. Ecco perché tutto, prima o poi, ritorna». Mentre parla di geografia, Franco Farinelli è ellittico, salta con naturalezza dai concetti alle immagini, strofina l' astratto sul concreto. Sceglie le parole come pedine, muovendole su un campo da gioco che coinvolge qualunque disciplina, «perché in Occidente», dice, «la forma archetipica del sapere non è la filosofia, ma la geografia». Di certo, negli ultimi tempi questa gode di ottima salute. Sintomatico il quarto congresso delle Società geografiche europee, che si terrà a Roma da giovedì a sabato: oltre 450 iniziative per discutere sul futuro dell' Europa. Un convegno non fa primavera, ma stavolta rivela un fenomeno generale. E paradossale. Se in Italia l' insegnamento della geografia va scomparendo persino dagli istituti nautici, esso vive una nuova giovinezza nei più prestigiosi campus anglosassoni e nelle rinnovate accademie cinesi. 

Professore, la geografia è tornata di moda. Prima la geopolitica, poi la geofilosofia, oggi la geocritica colonizza gli studi letterari. Che cosa sta succedendo? 
«Il fenomeno non è passeggero, perché le cause sono profonde. È il funzionamento del mondo a imporre la rinascita della geografia. Finché lo Stato nazionale bastava a se stesso e poteva proteggere l' economia interna da quella internazionale, la geografia era cristallizzata nel suo prodotto più celebre: la mappa. Ancora oggi a scuola, con tanto di cartine appese alle pareti, si spiega agli studenti che la geografia insegna loro dove stanno. Ma questa non è geografia». 

Credevamo di conoscere la geografia e, invece, abbiamo imparato la cartografia? «Esattamente. La cartografia, per meglio dire, riflette un' anima della geografia. La più antica, perché nasce con Eratostene nel III secolo a. C. e viene codificata circa cinquecento anni dopo dall' ultimo dei sapienti antichi, l' egiziano Tolomeo. Ma la geografia possiede anche una seconda e più nascosta anima, che risale allo stoico Strabone, a Roma nel passaggio dalla Repubblica all' Impero. La geografia di Straboneè precisamente la critica della cartografia, è la ribellione alla riduzione del mondo a una mappa. Queste due anime si sono sempre intrecciate nel corso della storia. Dopo la Seconda guerra mondiale, però, la geografia sembrava finita. Al punto che nel 1963 Waldo Tobler pretende di formularne le leggi universali, la prima delle quali recita: più due enti sono vicini, più l' interazione è forte». 

E poi? 
«Nel 1969, mentre tutti stanno col naso all' insù per contemplare lo sbarco sulla Luna, due computer iniziano a dialogare. Nasce la rete, il dispositivo da cui oggi dipende il funzionamento del mondo. E nella rete spazio e tempo non contano quasi più nulla. L' economia è globale e agisce istantaneamente come un tutt'uno, stringendo interazioni fortissime tra persone, nazioni, territori molto lontani. L' attuale rinascita del sapere geografico, dunque, non è che il risvolto della crisi della ragione cartografica. La rivincita di Strabone su Tolomeo». 

Perché l' Italia è rimasta ai margini di questo processo? 
«La litania sulla cattiva influenza dell' idealismo crociano è patetica. Le radici sono molto più lontane. Tra il Quattrocento e il Seicento nella penisola italiana si concentrava il più grande numero di carte e di modelli del mondo. L' Italia produceva ed esercitava il massimo dell' intelligence planetaria. Negli archivi e nelle biblioteche di Roma, Venezia, Genova, Firenze, era custodito un patrimonio senza rivali, parallelo alla straordinaria ricchezza di capitali custodita dai mercanti italiani. Ma nel 1681, inizio simbolico della nostra decadenza, è costretto a emigrare Vincenzo Coronelli, l' ultimo rappresentante della grande tradizione cosmografica italiana: la sua Venezia non poteva ormai competere con la corte del Re Sole a Versailles, teatro perfetto per la costruzione dei suoi grandi globi. Da quel momento, il sapere cartografico e il suo nemico-amico, il sapere geografico, non torneranno più al di qua delle Alpi». 

Mai dire mai, però. In fondo, lo diceva Lei, la Terra è una sfera... 
«Badi che l' idea di progresso ha un fondamento cartografico. Se la Terra è una gigantesca e infinita tavola, le cose che oltrepassiamo rimarranno dietro di noi per sempre. Se invece - come oggi la globalizzazione obbliga a riconoscere- ci muoviamo sulla superficie di un globo, cioè intorno a una sfera, allora tutte le cose che credevamo superate, prima o poi, ritorneranno fatalmente di fronte a noi». 

Anche la geografia? 
«Anche».

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