domenica 22 settembre 2013

La mia Atene ha smarrito la via


Petros Markaris

“La Repubblica”, 22 settembre 2013

Atene assomiglia a un malato che soffre di Alzheimer. La città gradualmente perde la sua memoria, ma anche la sua forma presente. Questa perdita di memoria ha colpito soprattutto i quartieri cittadini della piccola e media borghesia. Quasi ogni giorno, passo per la via principale che attraversa i quartieri abitati dal ceto medio — Odos Patision — la via dello shopping per questi ceti. Ora, un negozio su due è chiuso e le vetrine sono tappezzate di poster, annunci di affittasi e di varia natura.
Se mostrassi a un residente di Odos Patision uno dei negozi vuoti e gli chiedessi che cosa vendeva quel negozio, mi guarderebbe in totale passività e tirerebbe a indovinare: «Abbigliamento?» o «Scarpe?». Questo perché quasi tutti i negozi in Odos Patision vendevano abbigliamento e calzature. Dopo tre anni di recessione, la memoria di Atene si cancella. I cittadini non ricordano.
Un mese fa è uscito un mio nuovo libro intitolato Atene in una gita. Il libro descrive un viaggio a bordo del vecchio metrò di Atene, che tutti conoscono come “il tram”, dal porto del Pireo fino all’elegante quartiere di Kifisià. Le ventiquattro fermate di questa linea offrono al viaggiatore l’opportunità di conoscere la storia pressoché completa della stratificazione sociale di Atene. Mi ha colpito che molti lettori non conoscevano, né ricordavano molte delle cose descritte nel libro. Mentre ascoltavo le loro domande, io stesso mi chiedevo, a metà tra il dubbio e la rabbia: «Ma come è possibile che io, l’immigrato, arrivato ad Atene nel 1964, conosca la città meglio della gente del posto?».
Sebbene questa perdita di memoria sia peggiorata con la recessione, essa affonda le sue radici nell’epoca della ricchezza virtuale. A metà degli anni Ottanta, i residenti di questi quartieri se ne andarono, perché non volevano, così affermavano, respirare l’aria inquinata del centro di Atene, né essere disturbati dal rumore e dal traffico congestionato. Era un semplice pretesto. Il reale motivo era che volevano vivere da nuovi ricchi, poiché tali si sentivano. Nei quartieri centrali restavano solo i pensionati e alcuni artisti e intellettuali, che non volevano o potevano lasciare le proprie abitazioni, sia per motivi economici, sia perché erano affezionati al centro della città. Quando giunse la prima ondata di immigrazione, all’inizio degli anni Novanta, questi quartieri erano pronti ad accoglierli. Oggi, molti dei vecchi residenti di queste zone ritengono che gli immigrati siano il motivo per cui questi quartieri sono stati “declassati” e il valore dei loro immobili è crollato. Sono favole. Gli immigrati si sono insediati in queste zone perché le case erano libere e gli affitti erano bassi.
La preponderante presenza di immigrati ha trasformato il centro di Atene, dominato una volta dalla piccola e media borghesia, in un focolaio di razzismo. La responsabilità principale di questa situazione va attribuita allo Stato greco e all’amministrazione comunale di Atene. Poiché, in generale, lo Stato e, più precisamente, l’amministrazione comunale non sono stati in grado, in tutti questi anni, di elaborare una politica che affrontasse il grave problema dell’immigrazione in città, questi quartieri, negli ultimi anni, sono diventati terreno fertile per il movimento neonazista Alba Dorata. Gli anziani e i pensionati hanno paura degli immigrati e i neonazisti li hanno presi sotto la loro ala protettrice: li accompagnano in banca a ritirare, in tutta sicurezza, la pensione; di notte dormono nelle loro case o appartamenti. Gli anziani che abitano in questi quartieri così si sentono protetti e i neonazisti di Alba Dorata sono diventati ai loro occhi i “bravi ragazzi” che li proteggono.
La mia passeggiata preferita ad Atene è nella città vecchia, quella che oggi viene definita il centro storico di Atene. L’espressione “centro storico” non si limita solo ai resti archeologici dell’antica Atene, cioè l’Acropoli e l’antico cimitero di Keramikos, ma si riferisce anche all’area più datata dell’Atene moderna, che fu costruita dai Bavaresi nella prima metà del XIX secolo. Molti di questi edifici neo-classici sono opera di architetti tedeschi. Per esempio, Ernst Ziller, progettò il Teatro Nazionale e le Poste Centrali, mentre il Palazzo Reale, attuale sede del Parlamento, è opera dell’architetto di corte del Regno Bavarese, Friedrich von Gärtner. Dopo la fine dell’occupazione bavarese, il centro storico iniziò una fase di declino, finché venne definitivamente abbandonato al suo destino e divenne una zona di alberghi economici, officine per la riparazione di automobili e lavorazioni meccaniche.
Il recupero del centro di Atene si deve a una famosa attrice che più tardi divenne ministro della cultura: Melina Mercouri. Fu la prima a capire che era necessario salvare gli edifici e i palazzi dell’epoca bavarese, che rappresentavano un pezzo della storia più recente di Atene.
Ciononostante, i primi a penetrare il ghetto del centro furono i piccoli teatri. Poiché vi erano molte abitazioni vuote e gli affitti erano bassi, questi ultimi si insediarono in questa zona. Inizialmente, gli ateniesi si chiesero quali spettatori fossero disposti ad andare a teatro in questa zona degradata e in alcuni punti persino pericolosa della città. Malgrado ciò, ai teatri fecero seguito i bar dei giovani e alcuni ristoranti. Poi cominciarono a vedersi per strada le pellicce accanto alle giacche a vento economiche e le Mercedes insieme ai motorini. Fu necessario, però, aspettare le Olimpiadi del 2004 perché il centro storico recuperasse la sua bellezza passata. Questo è stato uno dei pochi aspetti positivi che ci ha lasciato quel periodo di splendore e di sprechi. La parte più bella di questa zona, secondo me, coincide con la passeggiata che inizia del tempio di Teseo e prosegue parallela all’Acropoli. Camminando, si trova sulla destra la collina delle Ninfe, sulla sinistra l’Acropoli e quando si giunge al termine del percorso, ci si trova davanti alle colonne del tempio di Zeus Olimpio. La crisi e le sue conseguenze hanno fatto una deviazione e hanno lasciato intatto questo pezzetto di Atene. In generale, il centro storico non presenta grandi differenze rispetto a come era prima della crisi. Se oggi si notano più immigrati in giro, ciò non è dovuto a un aumento della loro presenza, bensì al fatto che girano per le strade, cercando, scoraggiati, un lavoro.
Ho avuto la fortuna di viaggiare parecchio nella mia vita. Non conosco nessun’altra città che la notte cambi così radicalmente volto come Atene. Non sarebbe eccessivo affermare che gli ateniesi vivono in due città: un’Atene diurna e una notturna. Forse i cittadini di Atene sopportano pazientemente l’inferno delle giornate nella loro città, con l’aria inquinata, il rumore, le vie congestionate dal traffico, perché sanno che non appena cala la notte, avranno la possibilità di trascorrere alcune ore nel paradiso delle notti ateniesi. Non fraintendetemi però, non mi riferisco qui alla vita notturna di Atene, alle osterie, ai ristoranti e alle discoteche. Questi si trovano in tutte le città dell’Europa meridionale. Parlo di un’altra città. L’oscurità della notte copre il suo brutto volto diurno e gli edifici di cattivo gusto risalenti al periodo del “miracolo economico” greco, che non è stato tuttavia un miracolo dell’edilizia. In mezzo a tutto quello che la crisi ha cancellato, c’è anche questo paradiso notturno. Dalle nove di sera, le strade del centro sono vuote, si vedono file di taxi che attendono invano i passeggeri. Molte osterie e ristoranti sono aperti solo il sabato. Le vie con i bar dei giovani, invece, sono affollate anche in settimana. Tuttavia, i ragazzi stanno seduti sul marciapiede davanti al bar, con bottiglie di birra acquistate dai chioschi per strada, ascoltando la musica proveniente dall’interno del locale.
I quartieri che non dormono la notte sono quelli tradizionali della piccola e media borghesia in centro. Qui però non si diverte nessuno, regna la paura. Ogni sera, questi quartieri diventano un campo di battaglia: una sera è il partito neonazista che va a caccia di immigrati; un’altra notte sono le gang di immigrati che si disputano aree urbane per lo spaccio di stupefacenti. Ogni sera la polizia è impegnata in una vana lotta su entrambi i fronti. Ho due amici che abitano nel quartiere di Agios Panteleimon, il più violento del centro. Uno è un musicista, l’altro un critico cinematografico. Entrambi mi ripetono la stessa cosa: è impossibile vivere in questo quartiere. Ma, nonostante tutto, entrambi si rifiutano di andarsene, come del resto molti artisti e uomini di cultura. Tentano di rendere il quartiere più vivibile, organizzando iniziative culturali e allestendo centri per la promozione della cultura.
È il loro modo di combattere l’Alzheimer che tuttavia, come è risaputo, è una malattia incurabile.

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