venerdì 19 luglio 2013

Shakespeare era gay, parola di Wilde



Chi era il misterioso W.H. a cui il Bardo dedicò i Sonetti
L'inventore di Dorian Gray aveva una sua idea. Controcorrente, la espose in un libro andato perduto e poi ritrovato, che adesso riappare in Italia. 



Antonella Barina

"Il Venerdì di Repubblica", 19 luglio 2013

La famiglia del nono marchese di Queensberry occupava 32 pagine nell'annuario dei pari d'Inghilterra di fine Ottocento, eppure lui era un bifolco ignorante, rubizzo per il troppo alcol e l'aria aperta, tutto corse dei cavalli e battute di caccia, ricordato solo per aver redatto le regole del pugilato moderno. Ma anche per aver trascinato nel fango Oscar Wilde, esteta e provocatore impareggiabile della Londra fin-de-siècle, colpevole di amare il suo bel terzogenito, Lord Alfred Douglas, viziato, capriccioso, di nessun talento. Fu un biglietto inviato dal marchese «A Oscar Wilde, che si atteggia a somdomita» (l'errore è dell'incolto mittente), a far sì che il chiacchierato scrittore, al culmine del suo successo, lanciasse l'estrema sfida al perbenismo vittoriano, denunciando il marchese per calunnia. Ma perse la causa. E le due che seguirono (intentate da Queensberry). Finì dietro le sbarre. Fu abbandonato dagli amici. Messo alla gogna dalla stampa. Inutilmente difese «l'amore che non osa dire il suo nome». Perfino le prostitute improvvisarono un putiferio davanti all'aula.
Era il 1895 e gli arredi dell'eccentrica casa di Wilde in Tite Street, a Chelsea, finirono all'asta per placare i creditori. Sparirono per una manciata di scellini i disegni di Burne-Jones e le acqueforti di Whistler, mobili, porcellane, libri con dediche di Verlaine, Hugo, Swinburne, Whitman... Aperta alla città, l'abitazione fu invasa da una folla scostumata di curiosi e arraffoni, che portarono a termine il saccheggio.
In quell'occasione scomparve anche un manoscritto a cui Wilde teneva moltissimo: la versione ampliata di un racconto già pubblicato sei anni prima su rivista sotto forma didivertissement cauto, alla moda, espurgato di ogni inclinazione fuorilegge. Che però, nella nuova stesura, l'editore aveva respinto. Perché giocava con il fuoco: nel cercare di ricostruire chi fosse il misterioso Mr W.H. a cui Shakespeare aveva dedicato i Sonetti, il già tanto discusso Wilde faceva un'apologia dell'amicizia virile e dell'ambiguità dei sessi. Tesi scandalosa in un'Inghilterra dove la legge puniva con il carcere i rapporti sessuali tra uomini.
Il manoscritto, che si era volatilizzato durante l'asta, ricomparve in America dopo la morte dello scrittore e fu pubblicato solo nel 1921, in un'edizione limitata di mille copie. Mentre lo stigma nei confronti di Wilde durò a lungo in Inghilterra, dove fino ad alcuni decenni fa si salvavano solo le commedie.
Oggi Il ritratto di Mr W.H. esce in una nuova affascinante edizione (Marsilio) a cura di Benedetta Bini, docente di Letteratura inglese all'Università della Tuscia e autrice di numerosi saggi sulla narrativa otto-novecentesca: Bini traduce (con testo a fronte) e introduce, lanciando le molte suggestioni di un racconto colto, paradossale, divertente.
La tesi: il destinatario dei Sonetti di Shakespeare, rimasto un enigma nei secoli, sarebbe tale Willie Hughes, un giovane attore che, nel divieto elisabettiano di far salire le donne in palcoscenico, impersonava i ruoli femminili. La trama: un anonimo narratore discute di falsi letterari con l'amico George Erskine, che gli racconta di come un suo conoscente avesse appunto identificato in un attore il destinatario dei celebri Sonetti e, per avvalorare la propria tesi, avesse addirittura commissionato un falso ritratto in stile elisabettiano dell'ipotetico fanciullo, con la mano poggiata sul canzoniere di Shakespeare. Ma poi, smascherato, si era suicidato. Il racconto affascina il nostro narratore che, a sua volta, si mette a cercar prove della passione di Shakespeare per quel giovane, analizzando per mesi i suoi versi. Fino a convincersene. E tornare però a dubitarne quando ne parla con Erskine, che invece nel frattempo ha sposato quella tesi. Insomma, un gioco di rimandi tra vero e falso, fino al colpo di scena finale. Il libro si chiude con la contemplazione del ritratto del giovane: falso sì, ma così credibile da riaccendere il dubbio. E così centrale nel racconto di Wilde che, durante la stesura del libro, lui stesso commissionò a uno dei più raffinati illustratori di Londra il ritratto che andava descrivendo. Ma il dipinto non sopravvisse alla famigerata asta. 
«La novità del libro di Wilde non sta nel fatto che lo scrittore identifichi il destinatario deiSonetti in un incantevole fanciullo, quanto piuttosto nel fatto che fosse un attore» spiega Benedetta Bini. «Qualcuno che dava forma ai sogni di Shakespeare, interpretandoli. Che lo ispirava, alimentando la sua potenza drammatica. L'intuizione critica di Wilde - negli anni in cui produce le sue celebri commedie - sta nel cogliere il legame profondo che lega il drammaturgo all'attore. Nonché la Bellezza all'Arte, secondo i canoni del nuovo movimento estetico. Ma Il ritratto di Mr W.H. è anche un testo sulla falsificazione, sulla menzogna, che non vengono condannate da ipocriti moralismi. In ciò Wilde anticipa un grande romanzo come I falsari di Gide. Ed è un testo sull'incertezza: un elogio dell'ambiguità, contro le convinzioni assolute del romanzo alla Dickens. In Wilde non ci sono personaggi ben definiti, buoni o cattivi, ma solo persone incerte, matte, ossessive». L'Ottocento sta volgendo al termine.
Anche se si continua a sentirne gli echi. «Nella passione per Shakespeare, innanzitutto » continua Bini. «Un irregolare, un "barbaro", che la cultura illuminista aveva respinto e il Romanticismo esaltato: in tanta pittura ispirata alle sue opere, ad esempio; o nei teatri, sempre più numerosi e frequentati, che proponevano Shakespeare in tutte le salse, dalle grandi produzioni del West End londinese alle recite dei teatrini unti e bisunti di periferia. E nel Ritratto di Mr W.H. si ritrova anche il fascino esercitato sugli inglesi dal Rinascimento italiano, che significava Machiavelli, Borgia, Chiesa corrotta... Una morale azzerata, che esaltava i sogni proibiti. Così come si ritrova l'attrazione dell'Inghilterra fin-de-siècle per i misteri legati alle grandi personalità letterarie: l'Arte è sacra, quindi ogni artista, posto su un piedistallo, viene indagato a tappeto. Quale miglior curiosità insoddisfatta del destinatario dei Sonetti di Shakespeare?»
L'ipotesi più accreditata, all'epoca, era che si trattasse di Lord Pembroke, uno dei tanti nobili della Corte di Elisabetta I: chi, come Shakespeare, doveva pagare attori e messinscena era costretto a lusingare i possibili protettori. E l'appoggio al teatro, bollato come luogo d'oscenità e sconcezze dai mercanti puritani della City, veniva dagli aristocratici (oltre che dall'entusiasmo popolare). Certo è che «Wilde, straordinario erudito, costruisce la sua suggestiva ipotesi sul destinatario dei Sonetti fornendo mille notizie sul teatro elisabettiano» commenta Bini. «E lo fa con grande leggerezza: istrione, narciso, seduttore, lui è un maestro della divulgazione intelligente, colta e provocatoria. Brillante e scherzosa».
Fino a scherzare con il fuoco. Il ritratto di Dorian Gray aveva suscitato scalpore. L'ostentazione del legame con Alfred Douglas aveva alimentato i pettegolezzi. Gli amici insistevano perché Wilde lasciasse il Paese. Lui invece sfidò il marchese. Affrontò i processi, come i suoi amati Baudelaire e Flaubert. Ma l'Inghilterra non era la Francia: Wilde fu condannato e loro no. In un'azione giudiziaria particolarmente crudele perché coincise con l'affermarsi della cultura di massa: il caso infiammò Londra. I quotidiani toccarono l'abisso della ferocia. Uno degli intellettuali più arguti e brillanti di Londra fu trascinato in cella in catene, tra gli insulti delle prostitute. «Benché l'omosessualità fosse diffusissima nei circoli intellettuali di Oxford, da cui peraltro veniva anche il giudice Carson, suo grande accusatore. Ma anche tra gli abitanti di Londra, dove i bordelli gay dilagavano » conclude Bini. «La grande colpa di Wilde fu di aver rotto il silenzio. Con libri come Il ritratto di Mr W.H.»

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