sabato 11 maggio 2013

Il fascino indiscreto della bibliofilia


Dal cardinal Mazarino a Umberto Eco
Storie di ordinaria follia. Per i libri

Silvia Truzzi

"il Fatto",  11 maggio 2013

A un un certo punto del Quijote, Cervantes ci racconta di un suo viaggio a Toledo, dove incontra un ragazzo che vende scartoffie. E siccome lui ha una passione per carte e cartacce, le compra accorgendosi solo dopo che si tratta del Don Chisciotte di Cide Hamete Benengeli. E allora nel Quijote si apre una storia di “libro nel libro”: ecco dove porta l’amore per le scartoffie. Che talvolta diventa una passione borderline, ai limiti dell’ossessione. Comunque, un grande amore. Lo racconta in Lo scaffale infinito, storie di uomini pazzi per i libri Andrea Kerbaker (sì, il grande linguista dell’Ottocento, Michele, è il suo bisnonno), classe 1960: vive a Milano con la moglie e tre figli “che leggono di tutto, tranne i libri scritti dal padre”. Ma stavolta è imperativo cambiare abitudine, perché il libro non è solo una raccolta di episodi sugli uomini pazzi per i libri, ma anche una confessione. “Amo i libri” è il sottotesto di tutti i capitoli, dove incontriamo Francesco Petrarca nell’inedita veste di bibliotecario, ma anche Federigo Borromeo e il professor Eco (no, Marcello Dell’Utri non c’è). C’è un Leopardi, ma non è Giacomo, bensì Monaldo, il padre burbero che l’autore prova a riabilitare: fu lui a costruire la famosa biblioteca degli anni di studio “matto e disperatissimo” , per Giacomo. Ma non fu affatto un papà-aguzzino: Kerbaker ci racconta di aver trovato una lettera in cui il premuroso Monaldo cerca un trattato di astronomia per Giacomo ed è disposto a pagarlo qualunque prezzo. C’è il cardinal Mazarino, che qui non è ricordato per le gesta dumasiane ma per aver fondato la Bibliothèque Mazarine. Il cardinale era nato a Pescina, borgo di montagna in provincia de L’Aquila, dove ha trascorso l’infanzia anche il nonno di Andrea Kerbaker, che con Ignazio Silone aveva condiviso anni di amicizia e il triste destino di aver perduto la mamma nel terremoto del 1915: e questo è uno dei capitoli più riusciti. La chiave del libro sta proprio nel “frullato” di aneddoti sui grandi bibliofili e gli inserti – leggeri e molto godibili – di storie personali.
E POI C’È un grande tema di fondo, che è quello del senso delle raccolte di libri nell’età del libro digitale. Hanno ancora una ragion d’essere? La risposta per l’autore – folgorato dalla celebre frase di Marguerite Yourcenar: “Fondare biblioteche è come costruire granai pubblici. Ammassare riserve contro l’inverno dello spirito” – naturalmente è sì. “Se la Parodi finisse in eBook non sarebbe una grave perdita”, ha dichiarato Kerbaker in un’intervista. Ma come la mettiamo con l’Encyclopédie di Diderot? O con Il nome della rosa di Eco? Ci sono libri che vanno toccati, soppesati, sfogliati, “perfino fiutati”. E tuttavia il tema del “dove mettere i libri” è tremendamente attuale. Non solo per i comuni mortali, noi che abitiamo in case sempre più piccole, ma anche per i professori che si preoccupano di dove finiranno le loro collezioni. È quel che capita a Umberto Eco, che ha già deciso di donare i suoi volumi all’Università di Bologna, a patto che il procedimento d’accettazione non duri più di un anno. Il professore ha decine di migliaia di libri, disseminati tra la sua casa milanese, quella parigina e un ritiro in campagna. Sono troppi, “come spesso accade agli uomini di lettere contemporanei”, racconta Kerbaker. Ma Eco ha trovato il modo di farli andare nel mondo: li manda all’Università di Bologna, dove i suoi assistenti li espongono su un grande tavolo. Gli studenti li possono portare a casa, con la formula “prendi un libro e scappa”.

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