giovedì 18 aprile 2013

Lo spazio è fatto solo di spazio, il tempo solo di tempo, i sentimenti solo di sentimenti


Le particelle della vita
Due libri tra quantistica (vera) e approcci Zen
La fisica dell’esistenza 
raccontata tra principio di causalità e principio di indeterminazione

Paterlini, Ortoli e Pharabod descrivono gli universi parallelli e i loro soggetti

Chiara Valerio

"L’Unità", 16 aprile 2013

«IL SUO VIOLENTATORE. LE SEMBRAVA DI VEDERLO OVUNQUE, PERFINO NELLE PERSONE PIÙ CARE. Ogni giorno, in cucina mentre faceva colazione, la sera prima di addormentarsi, proprio lì accanto al letto. Poi ad aspettarla all’uscita dalle elementari. E in quei brutti sogni. Naturalmente sapeva che non era possibile. Eppure, anche adesso che stava superando la grande porta a vetri della scuola per tornare a casa, eccolo lì, tranquillo e sorridente. Naturalmente non era possibile, pensò la bambina. Poi mise la mano nella sua e disse: Ciao, papino»
Con beneficio d’inventario, e con l’approssimazione concessa a queste righe in un linguaggio non specialistico, è forse opportuno ricordare una osservazione di Niels Bohr su un esperimento di entaglement (groviglio) quantistico.
«Tra due particelle che si allontanano l’una all’altra nello spazio, esiste una forma di azione-comunicazione permanente. (...) Anche se due fotoni si trovassero su due diverse galassie continuerebbero pur sempre a rimanere un unico ente».
Il fenomeno dell’entanglement viola il «principio di località» per il quale ciò che accade in un luogo non può influire, nell’immediato, su ciò che accade in un altro luogo. A leggerlo sembra qualcosa di molto sentimentale, o comunque, di umanità quotidiana. E in effetti, con Fisica quantistica della vita quotidiana (Einaudi, 2013) Piergiorgio Paterlini, racconta, in 101 microromanzi che echeggiano e talvolta spiazzano come le 101 storie zen (a cura di Nyogen Senzaki e Paul Reps, traduzione di Adriana Motti, Adelphi, 1973) quanto i gesti nostri e di ogni giorno siano inefficaci e spesso inaffidabili, come la crudeltà dei bambini evolva parallelamente al loro immaginario di violenze un rospo ammazzato su una sedia elettrificata tramite un circuito a misura di piccolo anfibio come l’amore sia inspiegabile e spesso arranchi in se stesso, senza conseguenze, come si dice addio o soltanto ciao, come lo spazio tra due persone possa essere riempito dall’attesa o da una lite e come il tempo passato possa essere annullato da un ricordo o da un fraintendimento, come, essendo ciascuno di noi solo, insieme a un altro, si sia soli in due e, per una trasgressione a una qualche regola additiva, si sia meno soli. Attraverso le suggestioni di spazio vuoto, punti di luce e azione a distanza della fisica quantistica, Paterlini racconta un mondo di particelle impazzite o, per quanto deterministiche, schizzate su traiettorie spesso inconoscibili. E le particelle che Paterlini osserva nell’acceleratore della scrittura sono, ovviamente, gli esseri umani. «Per sempre» lei lo sapeva bene era ciò che era successo, anche soltanto una volta. Per sempre non avrebbe mai potuto essere una promessa, qualcosa che riguardava il futuro, ma il passato: ciò che è già avvenuto e che niente e nessuno potrà mai più impedire».
L’approccio alla realtà quantica e quantizzata di Sven Ortoli e Jean-Pierre Pharabod in Metafisica quantistica (Castelvecchi, 2013), pur essendo assai narrativo e molto avvincente «Non sfuggirà al lettore che il sottomarino e la particella hanno in comune il fatto che non se ne scorge traccia una volta che siano stati inviati in missione» ha un intento di divulgazione scientifica e un passo saggistico. Ortoli e Pharabod vogliono spiegare che cos’è la fisica quantistica, non a partire da teorie generali che si prestano molto a suggestioni e assai poco a comprensioni, se non a patto di uno studio intenso e regolare, ma a partire dai dispositivi che ci circondano, smartphone e impianti stereo e stampanti wireless, per rendere evidente, anche a chi non ha fatto quegli studi indefessi di cui sopra, quanto la fisica quantistica abbia cambiato il quotidiano di tutti. «Il nostro rapporto con il mondo è talmente cambiato che oggi noi siamo diversi dagli uomini e dalle donne esistiti prima di internet. Con l’arrivo di internet si è finalmente prodotta una cesura che non era solo simbolica, ma che si è tradotta, e oggi ce ne rendiamo conto, in un uso diverso della realtà. Si tratta della proiezione nello spazio e nel tempo attraverso strumenti che comprimono l’uno e l’altro», e continuano osservando quanto «(...) una teoria scientifica non si riduce a un formalismo matematico, ma dipende anche dall’ontologia che postula, ossia dal suo modo di descrivere la realtà fisica e di rendere conto di una esperienza».
«I fatti sono ostinati» annotano Ortoli e Pharabod e Paterlini, sembra rispondere come, per converso o in accordo, le persone siano ostinate, e così, da Kant e da un saldo rapporto causale e di differenziazione tra soggetto e oggetto in poi, ci si ritrovi in una confusione di soggetto e oggetto, in una perenne dispercezione di tempo e di spazio, molto oltre qualsiasi principio di causalità e in una vita collettiva in cui il principio di indeterminazione non è quello di Heisenberg, o non solo, ma un principio di indeterminazione, ostinato esso pure, radicato in ciascun essere umano.
Quando Paterlini scrive "Mi ami, quindi non mi conosci. Poiché mi ami, mi vedi come vorresti che fossi, non come sono" che si riferisca o no a quella teoria dell’osservatore che modifica il fenomeno osservato di relativistica memoria non importa, perché, in qualche modo sta dicendo che le intenzioni, comunque le si voglia formalizzare, quanti, onde, luce modificano la realtà. Racconta Paterlini come l’intenzione e il desiderio possano essere una declinazione della relatività.
Il mondo quantistico di Ortoli e Pharabod assomiglia più che alla realtà a un mondo dello spirito, spirito a tratti paranoico, a tratti sognatore, spesso autoreferenziale, un mondo quantistico che ci piace perché ci assomiglia, perché non vale in esso quel principio di non-contraddizione che tanto porta a rotture emotive o politiche o semplicemente a litigi. La letteratura non è scienza e neppure, così e ormai priva di metafore esatte, può spiegare la scienza la scienza si spiega con la scienza però può raccontarne le conseguenze. Lo spazio è fatto solo di spazio, il tempo solo di tempo, i sentimenti solo di sentimenti, gli errori solo di errori, e così, in un mondo nel quale tutto sembra atomico e nel quale atomico è sinonimo di diffuso, di dovunque, la fisica quantistica qualsiasi cosa essa sia in realtà è il modello per gli universi paralleli e per il tempo riavvolto degli amori e delle esitazioni umane. «No. Il silenzio non è mai chiaro. È la cosa più oscura che ci sia. Potevi essere morta. Il silenzio non chiarisce, moltiplica solo le ipotesi. Il silenzio usato per dire qualcosa è stupido vile crudele. Non si deve mai, mai capito? mai rispondere con il silenzio».

Piergiorgio Paterlini, Fisica quantistica della vita quotidiana, pp. 136, Einaudi

Sven Ortoli E Jean Pierre Pharabod, Metafisica quantistica, (trad. David Santoro), pp. 141 , Castelvecchi

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