lunedì 18 marzo 2013

Così il romanticismo si tinge di nero


Da Goya a Max Ernst, una grande mostra a Parigi propone un trionfo di spettri, streghe e figure luciferine entrate nel nostro immaginario

Francesco Poli

"La Stampa",  18 marzo 2013

Un trionfo di spettri, streghe, figure luciferine, scheletri, mostri bestiali, donne meduse, vampiri, eros e thanatos, paesaggi infernali, desolate lande cimiteriali, lugubri castelli, stanze da incubo. Il tutto per lo più immerso in atmosfere fosche e tenebrose. Questo inquietante e fantastico repertorio iconografico (ampiamente sfruttato ancora oggi nelle produzioni di film con effetti speciali, di serial televisivi, di cartoni animati e videogiochi del filone fantasy, horror e new gotic) è quello che la mostra «L’Ange du bizarre. Le romantisme noir de Goya à Max Ernst», al Musée d’Orsay, mette in scena, con un taglio storico critico e tematico ben definito.
Attraverso circa duecento opere, fra dipinti, sculture, disegni, incisioni, e anche film, che vanno dalla fine del XVIII secolo agli Anni 30/40 del XX, il percorso espositivo è scandito da tre principali fasi culturali artistiche legate al primo romanticismo, al simbolismo, e al surrealismo fra le due guerre. Il «romanticismo nero», che non rappresenta una tendenza precisa, ma fa riferimento in generale alla dimensione oscura e irrazionale, letteraria e artistica, del movimento, è una definizione che deriva dal magistrale saggio di Mario Praz La carne, la morte e il diavolo, mentre L’angelo del bizzarro è il titolo di un racconto di Poe. Per il titolo della mostra si poteva anche usare quello di una famosa incisione di Goya (esposta), Il sonno della ragione genera mostri, che sintetizza perfettamente la drammatica crisi dei valori dell’Illuminismo, e l’avvio della moderna percezione dei territori inesplorati dell’inconscio.
Il romanticismo nero nelle arti figurative è influenzato fortemente dalla produzione letteraria, a iniziare da quella di scrittori anglosassoni come Walpole, Mary Shelley, Ann Radcliffe e Poe, o tedeschi come Goethe (il Faust) e Hoffmann per arrivare fino a Barbey d’Aurevilly e a Bram Stoker autore di Dracula. Ed è proprio il vampiro della Transilvania, nella versione cinematografica di Murnau, che introduce il pubblico alla mostra, che inizia con una straordinaria sala dominata dall’ Incubo di Füssli del 1781, in cui è protagonista la donna addormentata su cui siede un mostro onirico. Insieme a quelle di Füssli troviamo opere di altri artisti fantastici inglesi come William Blake, con i suoi apocalittici disegni colorati, Samuel Coleman e John Martin, che in una grande composizione fiammeggiante illustra il Pandemonium descritto da Milton.
Si passa poi agli incubi, ai sabba di streghe e alle crudeltà inaudite illustrate da Goya nelle sue incisioni dei Capricci e dei Disastri della guerra, e nei dipinti, tra cui spicca una tremenda scena di cannibali danzanti. Particolarmente affascinante è la parte dedicata alla misteriosa solitudine, impregnata di suggestioni inquietanti, dei paesaggi nordici da quelli del primo romanticismo di Friedrich e Carus fino a quelli simbolisti di Böcklin, di Spillaert e di de Nuncques. La figura della donna, che Praz aveva definito «medusea», e cioè quella con connotazioni oscure, perverse, fatalmente distruttrici, è ben presente in varie versioni soprattutto nell’ambito del decadentismo simbolista: dalla sfolgorante crudeltà della Salomé di Moreau, al peccaminoso nudo avvolto da un serpente di von Stuck, dalla testa di Medusa di Böcklin alla Sfinge di Rops, fino ad arrivare al bacio vampiresco della donna con i capelli rossi di Munch. E sono presenti anche cadaveri e scheletri di ogni sorta, macabri e grotteschi, come nel caso di un disegno di Kubin dove si vede una pendola le cui lancette tagliano teste, oppure in quello altrettanto bizzarro di Duvocelle intitolato Cranio con occhi fuori dalle orbite e mani che si aggrappano a un muro.
La sezione dedicata al surrealismo documenta in modo abbastanza adeguato l’influenza dei temi del romanticismo nero nell’elaborazione dell’immaginario di vari artisti tra cui in particolare Max Ernst (i cui paesaggi in vari casi si ispirano a Böcklin), Dalí, Bellmer e Masson. Fonte fondamentale di ispirazione per i surrealisti è il marchese de Sade, autore rimasto nel passato sempre assolutamente all’indice, ma la cui sovversiva presenza sotterranea non mai stata soffocata del tutto.

L’ANGE DU BIZARRE.LE ROMANTISME NOIR DE GOYA À MAX ERNST PARIGI.MUSÉE D’ORSAY. FINO AL 9 GIUGNO

La presentazione dettagliata della mostra: CLICCA QUI.

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