mercoledì 30 gennaio 2013

I libri d’oro di Timbuctù


Dietro la distruzione della cultura si cela l’odio di al Qaeda per l'Occidente

Roberto Tottoli

"Corriere della Sera", 29 gennaio 2013

Gli islamisti alleati di al-Qaeda hanno distrutto la Biblioteca Ahmad Baba di Timbuctu. I due palazzi che servivano alla custodia dei manoscritti sarebbero stati bruciati nel corso dell'avanzata dell'esercito francese e maliano. La notizia, diffusa dal sindaco Halle Ousmane, attende conferma nelle dimensioni e nei danni arrecati.
Con i suoi ventimila manoscritti soprattutto arabi, risalenti fino al XII secolo, la Ahmad Baba era l'istituzione più significativa di Timbuctu, capitale di un patrimonio unico di collezioni sud-sahariane, da tempo a rischio di distruzione. Finanziamenti da tutto il mondo, anche da altri Paesi islamici come l'Arabia Saudita, e missioni di ricerca europee e americane da anni cercano di organizzare progetti di recupero. L'ultimo e più importante, in ordine di tempo, era quello dell'Università di Città del Capo, che annovera al suo interno anche alcuni ricercatori italiani e aveva da poco iniziato una sistematica digitalizzazione dei documenti.
Dopo l'occupazione islamista di Timbuctu, proprio Ansar al-Din, il gruppo radicale del nord del Mali, utilizzava il centro Ahmad Baba come propria base logistica. La decisione di dar fuoco rimanda tristemente alla distruzione dei Budda di Bamiyan da parte dei Talebani, ma solo in parte ne riflette la stessa logica. Là fu l'opposizione alla raffigurazione umana e la difesa inflessibile di un principio che in realtà le comunità islamiche non avevano rigidamente imposto. E anche questo si è visto in Mali: la distruzione delle tombe per preservare l'unicità del culto al solo Dio. Tuttavia in questo caso, come nel rogo dei manoscritti, vi è qualcosa di più: il desiderio di colpire un patrimonio culturale difeso dall'Unesco e da altri organismi «stranieri», visti come corpi estranei e da allontanare con ogni mezzo. Nessuna prescrizione religiosa consentirebbe di distruggere codici coranici o la memoria di autori e uomini di lettere. Ma bruciare manoscritti equivale purtroppo a distruggere tombe, quando l'occhio del mondo occidentale, ma non solo, riserva loro un'attenzione particolare.






La distruzione di questo patrimonio è un attacco contro l’identità di tutta l’umanità 

Tahar Ben Jelloun

"La Repubblica", 29 gennaio 2013

TIMBUCTÙ è soprannominata "la Perla del Deserto", non perché splende sotto il sole, ma perché conserva un tesoro: migliaia di manoscritti in arabo, in peul e in altre lingue, testi di teologia, storia, geografia, botanica, astronomia, musica, poesia ecc. Migliaia di pagine scritte a mano, conservate in quella biblioteca che i barbari hanno appena dato alle fiamme. Le giudicavano "empie", dimenticandosi che l´età d´oro dell´Islam è stata coronata dall´esistenza di tesori culturali del genere che fanno parte del patrimonio dell´umanità. Fra questi libri ci sono dei diari intimi, scritti clandestinamente in un´epoca dov´era impossibile dire certe cose. Si dice che vi fosse un diario tenuto da una donna sposata a 15 anni a un vecchio impotente di 75, dove la ragazza raccontava il suo calvario. Altri libri fornivano la genealogia di certe famiglie, alcune di origini ebraiche che volevano tenerlo nascosto. Ma ora tutto, o quasi tutto, è stato inghiottito dalle fiamme, disperso nelle ceneri.
Da quando questi criminali, trafficanti di droga e corpi umani, si sono impadroniti di Timbuctù, non hanno fatto altro che distruggere. La distruzione è stata la loro unica parola d´ordine: distruggere e seminare il terrore. Più della metà dei 16 mausolei della città sono stati ridotti in polvere, senza parlare delle sepolture e delle tombe di santi musulmani. La distruzione di questo patrimonio è un attacco contro l´identità e la civiltà non solo dell´Africa e del mondo arabo, ma di tutta l´umanità.
Fondata nell´undicesimo secolo dalle tribù tuareg, Timbuctù era diventata la città della memoria della cultura arabo-africana. E ora dei bruti ignoranti hanno devastato ogni cosa, perché la dottrina del wahhabismo (dal nome di tale Mohamed Abd el-Wahhab, teologo saudita del XVIII secolo) dichiara empi i mausolei, i santi e la pratica mistica. L´Islam di cui si parla in quella biblioteca è un Islam della spiritualità. Dopo la morte del profeta Maometto, si contrapposero due correnti che avevano opinioni diverse su come andasse interpretato e praticato l´Islam. La prima è la dottrina "letteralista", vale a dire quella che afferma che il Corano va preso alla lettera, senza interpretazioni, senza simbolismi: quando nel Corano si parla della "mano di Dio", i letteralisti sostengono che si tratta di una mano fisica. La seconda corrente è quella dei kharigiti che interpretano il Corano con i suoi simboli e le sue immagini e attribuiscono al testo una dimensione più ampia e più profonda.
Sfortunatamente è stata la corrente letteralista, semplicistica e senza prospettive ad avere avuto la meglio. Oggi i salafiti si richiamano a quella corrente e vogliono il ritorno a un Islam immutabile, che pratichi una sharia senza giustizia e senza logica. Questa corrente è incoraggiata da Paesi che hanno adottato il wahhabismo, come l´Arabia Saudita.
Partendo dal fatto che nell´Islam non esistono né gerarchie né intermediari fra Dio e il credente, il wahhabismo ha dichiarato blasfemi i santi e i mausolei eretti in loro memoria. È per questo che nel 1991, quando vennero privati della loro vittoria elettorale, gli islamisti algerini del Fronte islamico di salvezza sono partiti in guerra contro lo Stato e contro la tolleranza diffusa nel Paese verso i santi: è in Algeria che sono stati distrutti i primi mausolei. Anni dopo, nel marzo del 2001, i Taliban hanno fatto saltare in aria le gigantesche statue del Buddha, nella parte nordoccidentale della valle di Bamiyan, in Afghanistan, statue che si trovavano là da tredici secoli. E ora l´incendio appiccato alla biblioteca dei manoscritti di Timbuctù.
Questa barbarie che non risparmia né gli uomini né il patrimonio culturale si diffonde nel mondo. Oggi l´esercito francese è riuscito a entrare a Timbuctù. I barbari sono fuggiti, ma prima hanno avuto il tempo di dare alle fiamme un tesoro dell´umanità. E hanno dato alle fiamme anche l´Istituto Ahmed Baba, creato recentemente dai sudafricani. Hanno approfittato della loro sconfitta per distruggere case, picchiare a sangue gli abitanti della città che uscivano in strada per manifestare la loro gioia e il sollievo nel veder arrivare le truppe francesi. Così i criminali del Nord del Mali hanno firmato la loro sconfitta, con il diluvio e l´annientamento dello spirito dell´Islam, della sua spiritualità, della sua poesia, della sua bellezza. Di tutto questo a Timbuctù rimangono solo ceneri e famiglie terrorizzate dal regno dei barbari.
(Traduzione di Fabio Galimberti)


I francesi a Timbuctù. In fiamme la biblioteca


Roberto Arduini

"L’Unità",  29 gennaio 2013

Era già successo l’anno scorso, quando gli islamisti entrati a Timbuctù avevano devastato i suoi monumenti e la sua storia. La millenaria città sahariana, antico crocevia di commerci e di culture, mitizzata dagli europei e venerata come santa dai mussulmani è si nuovo sfregiata. Nella «città dei 333 santi» gli estremisti islamici hanno dato alle fiamme un edificio che conteneva antichi e preziosi manoscritti prima di fuggire all’arrivo delle truppe francesi e maliane. «Un vero crimine culturale è accaduto 4 giorni fa», ha denunciato il sindaco della città, Ousmane Halle, esprimendo la sua preoccupazione che molti libri e documenti antichi possano essere andati distrutti. Il sindaco ha riferito di aver ricevuto la notizia dal suo responsabile comunicazioni, fuggito nel sud del Paese un giorno fa. Ousmane non è stato in grado di quantificare l’entità del danno, ma «è davvero allarmante. È la storia di Timbuctù e della sua gente». Riconquistata ieri, Timbuctù era da nove mesi sotto il controllo degli estremisti.
LA PERLA DEL DESERTO
L’oro arrivava dal sud, il sale dal nord e la conoscenza da Timbuctù, recita un antico proverbio africano. La città si è ben meritata il titolo di «Perla del deserto»: a partire dal XIV secolo, divenne un importante centro di commercio, mettendo in comunicazione Mediterraneo e Medio Oriente con l’Africa sub sahariana. Aveva una popolazione di oltre 100mila abitanti, di cui 2500 studenti riuniti attorno alla moschea di Sankoré e alle altre 180 tra moschee, università, biblioteche e scuole coraniche. A Timbuctù, dove secondo la leggenda sarebbero sepolti 333 santi mussulmani, oggi si conservano quasi 100mila manoscritti conservati per secoli. «I ribelli hanno appiccato il fuoco all’istituto Ahmed Baba appena costruito», ha raccontato Ousmane. Il centro è intitolato al grande studioso locale del XVI secolo che scrisse, secondo le cronache, circa 700 libri e possedeva una biblioteca personale di 1600 volumi (che per sua stessa ammissione non era la più grande della città). Ospita 18mila manoscritti antichi, alcuni risalenti addirittura al 1200, fu fondato nel 1970 e dal 2009 era ospitato nella nuova sede di 4.800 metri quadrati. La maggior parte dei manoscritti, in arabo e in lingue africane, trattano di medicina, astronomia, diritto, storia, geografia, poesia e letteratura, molti dell’era preislamica, oltre ad alcune opere di Avicenna. La maggior pare dei volumi ha un valore inestimabile. Solo pochi erano stati digitalizzati, dunque si teme che la maggior parte di essi sia andata persa per sempre. In tutta la città sono anche innumerevoli le raccolte private antichissime, da sempre conservate dagli abitanti, alcune in grotte sotterranee.
Quella degli estremisti sarebbe una vendetta, l’ennesimo pesante colpo all’eredità culturale di una città inserita dall’Unesco nel patrimonio dell’Umanità e già sfregiata, a giugno, dalla distruzione di mausolei, santuari e tombe dei teologi sufi, quei «333 santi» venerati dagli abitanti. Per questi fondamentalisti votati a un’interpretazione falsamente ortodossa del Corano, l’Islam di Timbuctù è troppo tollerante e non è autentico. I fondamentalisti di Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb Islamico), formazione legata ai tuareg di Ansar Dine (contro l’Occidente), hanno spiegato che le tombe sono state distrutte perché incoraggiavano i mussulmani a venerare dei santi anziché Dio.
Le truppe locali e francesi sono entrate a Timbuctù, dopo aver preso il controllo la notte scorsa dell’aeroporto e delle strade che portano nella città. Il colonnello Thierry Burkhard ha spiegato che paracadutisti ed elicotteri francesi hanno sostenuto nella notte le forze di terra che avanzavano dal sud. Burkhard ha precisato che la conquista è avvenuta senza sparare un solo colpo. L’operazione militare arriva due giorni dopo la presa di Gao, l’altro bastione fondamentale degli islamici. «Poco a poco, il Mali viene liberato», ha spiegato il ministro degli Esteri francesi, Laurent Fabius. Anche secondo Hollande «stiamo vincendo la battaglia», ma ora «spetta agli africani permettere al Paese di ritrovare la propria integrità».


«Una catastrofe Distrutti per sempre tesori simbolo dei maestri dell’islam»

Domande a Malek Chebel filosofo 

"La Stampa", 29 gennaio 2013

«Una catastrofe e un delitto. Come se a Parigi qualcuno bruciasse la Bibliothèque nationale». Il celebre antropologo franco-algerino Malek Chebel, teorico dell’«Islam des Lumières», è sconvolto dal rogo di libri perpetrato dagli jihadisti al centro Ahmed Baba di Timbuctù.
Professor Chebel, lo conosceva?
«Certo, l’ho visitato e anzi conservo dalla mia visita in Mali un bellissimo Corano antico. Ahmed Baba fu uno dei maestri dell’Islam africano e Timbuctù è stata, dal XVI secolo almeno fino alla colonizzazione francese, tre secoli dopo, un grande centro culturale: una città strategica, tappa fondamentale per le carovane del Sahara, punto di partenza per il pellegrinaggio alla Mecca».
Le fonti parlano di un patrimonio di 60-100 mila manoscritti.
«Questo è eccessivo. Le “biblioteche del deserto”, uso il plurale perché ne esistono anche altre, in Mauritania, in Niger e in tutta la regione, sono molto più piccole. Toglierei uno zero. È molto difficile farsi un’idea dei danni perché non c’è quasi mai un catalogo scritto dei tesori che ospitano. Questo non toglie che siano generalmente molto rilevanti, con manoscritti antichi spesso conservati in maniera un po’ precaria. Insomma, credo che non si saprà mai con esattezza cosa è andato perduto per sempre».
Ma perché gli islamisti se la prendono con i libri?
«Vi prego, non chiamateli islamisti. Si richiamano all’Islam, ma sono solo degli analfabeti religiosi. La realtà è che odiano queste testimonianze perché l’Islam della regione, una regione di commerci e di carovane, è sempre stato un Islam di scambi, libero, tollerante. Esattamente il contrario del loro. È la stessa ragione per cui avevano distrutto i mausolei del Mali che non erano solo tombe, ma luoghi d’incontro, simbolo di un Islam pacifico e pacificato, non dottrinario e al servizio del viaggiatore».
È la guerra di due Islam?
«No, perché un vero musulmano per definizione deve rispettare il creato, dunque anche la scienza, la cultura, il sapere, tutto il sapere, quindi in una parola l’Uomo. Non parlerei di due Islam, perché questi guerriglieri ignoranti non rappresentano affatto l’Islam. Parlerei dell’ennesimo, tragico episodio della lunga guerra dell’ignoranza contro i Lumi».


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