venerdì 19 ottobre 2012

Da Einstein in poi la sfida per l’unità dell’Europa


Il ruolo degli scienziati per costruire un continente finalmente senza guerre. 
Dall’appello del fisico di Ulma alla proposta visionaria di Edoardo Amaldi fino al Cern
Pietro Greco, "L’Unità", 18 ottobre 2012

«NOI DICHIARIAMO QUI PUBBLICAMENTE LA NOSTRA FEDE NELL’UNITÀ EUROPEA: UNA FEDE CHE NOI CREDIAMO CONDIVISA DA MOLTI». PRIMAVERA 1915. L’EUROPA È IN FIAMME. DA SEI MESI È INIZIATA LA PRIMA GUERRA MONDIALE. Da qualche mese la Germania ha invaso il neutrale Belgio e l’esercito tedesco è giunto a 40 chilometri da Parigi. Sui fronti di un intero continente infuria una battaglia che è, letteralmente, senza esclusione di colpi. A Berlino due scienziati, un fisico e un fisiologo, fanno circolare un pericolo appello: è l’Aufruf an die Europäer. Il Manifesto agli Europei, in cui si chiede di smetterla di combattersi come nemici e iniziare a vivere come fratelli.
Il fisico è Albert Einstein. E il suo appello, redatto con il fisiologo di origine russa Georg Friedrich Nicolai, sostiene che se i popoli del Vecchio Continente vogliono salvare la loro civiltà, il loro livello di benessere e vivere in pace, devono unirsi. Devono creare un’Unione Europea.
L’appello non ha grande fortuna. Raccoglie solo altre due firme, oltre quella dei proponenti. Tutti rischiano la prigione. Ma l’Aufruf an die Europäer (ri)conferma due cose. Che Einstein non è solo un grande fisico, ma anche un fine politico: il suo appello arriva trent’anni prima di quello, redatto in condizioni non meno drammatiche, a Ventotene da Altiero Spinelli.
E dimostra, anche, che nell’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2012 all’Unione Europea, che ha assicurato oltre 60 anni di (quasi) assenza di conflitti per la prima volta nella storia del Vecchio Contenente, la scienza o meglio, gli scienziati hanno avuto un ruolo notevole: sia perché la scienza è stata ed è tuttora uno dei grandi collanti nella costruzione dell’identità europea, sia perché la scienza ha sempre preceduto la politica nel realizzare concretamente le istituzioni dell’Europa unitarie.
È possibile individuare un secolo in cui è nata la scienza moderna, il Seicento. Ma, sosteneva Paolo Rossi, il grande storico delle idee scientifiche scomparso nei mesi scorsi, non è possibile individuare un luogo, perché quel luogo è semplicemente l’Europa. Nel Seicento nasce una comunità la Repubblica della Scienza formata da italiani, francesi, inglesi, tedeschi, polacchi, belgi, olandesi che hanno che hanno i medesimi interessi e i medesimi valori. Uniti nel tener fuori dalla porta della loro peculiare dimensione la politica e la religione. Gli interessi dei membri di questa Repubblica virtuale, riguardano la conoscenza intorno alla natura. I valori sono certo quelli indicati da Robert Merton: il comunitarismo, l’universalismo, il disinteresse, l’originalità e lo scetticismo sistematico. Ma anche il «pensare europeo» il sentirsi membri di un’unica cultura e il pensare «per la pace», perché, come diceva Francis Bacon, la scienza non deve essere a beneficio di questo o di quello, ma dell’intera umanità.
All’origine della scienza c’è dunque un’idea di Europa, unita e in pace. Un’idea tanto più singolare, perché nata mentre l’Europa, proprio come nel 1915, si trova divisa e in fiamme. Mentre sono in corso guerre, come quella dei trent’anni, che mietono vittime a milioni. La scienza offre agli Europei del Seicento una visione alternativa a quella del continuare a combattersi.
La stessa cosa accade con l’appello di Einstein. E poi ancora, alla fine della seconda guerra mondiale, con la proposta, visionaria, di uno scienziato italiano: Edoardo Amaldi. Dobbiamo uscire dalla logica della divisione e del conflitto, pensa il «fanciulletto» di via Panisperna, dobbiamo costruire ponti di pace. E non c’è nulla di meglio per realizzare il primo ponte di pace nell’Europa uscita distrutta dalla guerra che unire tutti i fisici del continente in un unico, grande laboratorio. In un laboratorio europeo. Anzi, in un laboratorio che esprime l’unità europea. Le idee maturate da Amaldi alla fine degli anni ’40 incontrano fiere opposizioni, anche tra i fisici. Sia americani che europei. Ma alla fine la sua tenacia, unita a quella di pochi altri colleghi ma anche politici, si realizzano. Nel 1952 il grande laboratorio viene realizzato a Ginevra, frutto dello sforzo comune di 12 paesi europei che sette anni prima erano ancora in guerra tra loro. Amaldi è il primo direttore generale del laboratorio. Infine, il 29 settembre 1954, nasce ufficialmente il Cern, il Centro europeo di ricerche nucleari. È la prima istituzione dell’Europa unita. È la prima prova provata che Einstein aveva ragione: l’Europa può costruirsi in pace e costruire la pace. Il premio Nobel per la pace all’Unione Europea giunge nel 2012. Un anno in cui l’idea di unione europea ha subito, forse, la massima erosione da sessant’anni a questa parte. Ma anche l’anno in cui a Ginevra il Cern il più grande laboratorio di fisica al mondo ha raggiunto quello che potrebbe rivelarsi il suo massimo risultato: aver dimostrato l’esistenza del bosone di Higgs. Ancora una volta la scienza sembra indicare la strada all’Europa.

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