sabato 22 settembre 2012

DPLA, ovvero l'accesso al sapere universale


NELLA RETE IL SAPERE UNIVERSALE ARRIVA A TUTTI CON UN CLIC (MA IN 20 ANNI PUÒ SPARIRE)
Giuliano Aluffi, "Il Venerdì di Repubblica", 20 settembre 2012 

«LA CARTA RESISTE DUEMILA ANNI IN DUE DECENNI IL FORMATO DI UN EBOOK DIVENTA OBSOLETO».
LO DICE IL DIRETTORE DELLA BIBLIOTECA DI HARVARD, CHE AL SALONE SULLA RICERCA TRIESTE NEXT ANNUNCERÀ UNA RIVOLUZIONE, DIGITALE E ILLUMINISTA 

Il sogno di Diderot di un'enciclopedia universale diventa realtà: lo scibile umano sarà presto accessibile con un clic a chiunque, in ogni parte del mondo.
«Ma è necessario uno sforzo collettivo per far sì che l'accesso sia gratuito, e per proteggere ogni singolo bit di informazione dal rischio di scivolare, per la rapida obsolescenza delle tecnologie, nell'oblio elettronico».
Lo dice Robert Darnton, autore di II futuro del libro (Adelphi, 2011) e direttore della biblioteca universitaria di Harvard, che, con i suoi 17 milioni di testi, è la più grande del mondo.
Il 28 settembre Darnton sarà ospite alla prima edizione di Trieste Next, salone europeo dell'innovazione e della ricerca, dove parlerà dell'operi access alla comunicazione scientifica.
Al Venerdì Darnton annuncia che il Big Bang del nuovo universo della conoscenza avverrà nell'aprile del 2013, quando si inaugurerà la Digital Public Library of America, che porterà su internet, gratis, i testi conservati nelle maggiori biblioteche universitarie d'America.
«Gli ultimi ostacoli non sono tecnici, ma legali. La prima legge americana sul copyright, del 1790, imponeva un limite di 14 anni all'esclusiva dei ricavi commerciali. Oggi la durata è la vita dell'autore più i 70 anni successivi. Eppure la maggior parte dei libri smette di vendere già dopo qualche mese. La Digital Public Library metterà a disposizione di tutti i libri ormai privi di valore commerciale ma ancora protetti da copyright. Potremo farlo appoggiandoci al criterio dell'uso legittimo, già valido in ambiti come l'istruzione».
È uno dei più grandi sforzi di democrazia culturale mai visti. «A partire da quella, antica e famosa, di Alessandria, le biblioteche hanno sempre conservato testi a beneficio di pochi eletti» ricorda Darnton. «Quest'idea elitaria è stata superata solo dall'Illuminismo, anche se la Biblioteca reale francese aveva cominciato ad ammettere lettori già dal 1692, e con l'apertura al pubblico del British Museum nel 1759. Ora, oltre alla Digital Public Library, c'è il fatto nuovo che le università più prestigiose degli Stati Uniti, ossia Harvard, il Mit, Stanford e l'Università di Chicago, rendono accessibili gratis online un numero crescente di corsi».
Quest'autunno, per esempio, Stanford ne renderà disponibili a chiunque abbia un pc altri sedici, tra i quali quelli di finanza, logica, scrittura scientifica e pensiero matematico.
Ma se l'informazione per gli studenti sembra entrare in un'età dell'oro, non è lo stesso per quella indirizzata a ricercatori e specialisti: «II costo degli abbonamenti alle pubblicazioni scientifiche negli ultimi 40 anni è aumentato di oltre il diecimila per cento» osserva Darnton.
«Tre megaeditori, Elsevier, Wiley-Blackwell e Springer, detengono il 42 per cento degli articoli accademici, con un fatturato di diversi miliardi di euro. Questo sistema dissangua le biblioteche, e le costringerà a offrire servizi più mirati: non più abbonamenti a priori a tutte le riviste scientifiche, ma sovvenzioni per l'acquisto dei singoli articoli richiesti dai ricercatori».
Gli «spiriti animali» del mercato e gli aspiranti monopolisti sono la maggiore sfida per i neoilluministi digitali come Darnton. Per esempio, nel 2004 Google lanciò un servizio di ricerca che avrebbe offerto brani specifici di un libro a chi cercava informazioni su un certo argomento.
Nel 2005 autori ed editori denunciarono Google per violazione del copyright. Nel 2009 si raggiunse un accordo secondo cui Google avrebbe concesso la consultazione dei testi solo a fronte di un abbonamento, dividendo i profitti con i detentori del copyright. Quella che era nata come una funzione di ricerca diventava un'immensa libreria commerciale, e Google si trasformava in una sorta di monopolista dell'accesso alla cultura: perciò l'accordo fu bocciato in tribunale. Ora Google Book Search offre la lettura integrale di libri di pubblico dominio e solo di piccole parti (quelle che gli editori permettono di mostrare-come «assaggio» per invogliare all'acquisto) di testi sotto copyright.
Anche la stessa tecnologia digitale, poi, comporta rischi seri. «Un libro cartaceo può sopravvivere per duemila anni, un e-book, invece, invecchia in venti anni perché hardware, software e il formato in cui è memorizzato diventano obsoleti» spiega Darnton. «Inoltre i bit si degradano. A Harvard i nostri testi sono controllati di continuo. Abbiamo tre copie dei database e trasportiamo regolarmente i testi digitali nei formati più attuali. Per questo oltre il 20 per cento delle spese della Public Digital Library of America è per la conservazione dei testi digitalizzati. Non possiamo permetterci che accada ai libri ciò che successe alle pellicole tra l'inizio dell'era cinematografica e la seconda guerra mondiale, periodo in cui abbiamo perso più della metà del patrimonio filmico».
D digitale resta però, con i suoi pregi e difetti, il migliore alleato del neoilluminismo. E offre nuove possibilità anche ai nostalgici della carta. «A Harvard e in altre biblioteche» spiega Darnton «abbiamo da qualche anno le Expresso book machine: con queste, di ogni nostro libro, si può scaricare il testo digitale, stamparlo e rilegarlo in pochi minuti».

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